Il museo che mi abita
una serie di tavole multimedia
Da sempre affascinato dalle tecniche dei maestri del passato ho spesso cercato di rubare con gli occhi i loro segreti, per poi concretizzare con mano più sicura alcune mie idee, aiutato dalla frequentazione di scuole e botteghe negli anni giovanili.
Prima di tutto sono uno spettatore
nel visitare una chiesa, una galleria d’arte o un museo, sono irresistibilmente incuriosito dall’ambiente vitale che li accoglie. Osservo le espressioni e reazioni, che variano dal rapimento all’indifferenza, dall’estasi al tedio mortale, dal sincero interesse alla mera distrazione.
La prima tavola mi è venuta in mente visitando una mostra di “espressionismo astratto”
Mentre osservavo il taglio d’ombra in uno spicchio in alto della tela e in basso il cordoncino rosso tra il visitatore e il quadro, un ragazzo si stagliava contro quella superficie caotica, scatenando un turbinio di colori pari a un’esplosione di lapilli incandescenti. Tutto intorno, nella galleria silenziosa a semideserta, era ordinato e pulito. Ho avuto voglia di ricreare quell’istante, cercando di esprimere il sentimento di quel giovane visibilmente sgomento davanti a quell’opera.
Ho eseguito la tavola con una tecnica totalmente contrastante
rispetto alle pennellate liberatorie, dal colore liquido e imprevedibile, dell’artista astratto, costruendo la composizione con l’antico metodo dell’intarsio, una tecnica certosina che va controllata con precisione, usando i legni colorati naturali, o velati dalle aniline. Negli altri miei lavori, sia per le figure umane sia per le riproduzione dei vari oggetti d’arte, ho usato l’intaglio in legno (a rilievo) e i colori acrilici o a olio.
L’uso di queste tecniche e le mie conoscenze artistiche sono a servizio del mio lavoro quotidiano, e saziano, come una fedele compagna di viaggio, la mia irrefrenabile ricerca, dove non posso distinguere fra il sentimento che ho per la vita e il modo in cui lo traduco.
– Cataldo Valente